Niente risarcimento se il danneggiato è distratto

Niente risarcimento se il danneggiato è distratto
05 Giugno 2017: Niente risarcimento se il danneggiato è distratto 05 Giugno 2017

L’art. 2051 c.c. prevede un particolare criterio di imputazione della responsabilità civile, basato sulla relazione che intercorre tra la cosa che ha cagionato il danno e il soggetto che ne ha la custodia.

Nel concetto di “cosa in custodia” il legislatore fa rientrare qualsiasi elemento inanimato, mobile o immobile, allo stato solido, liquido o gassoso, dal momento che ogni cosa, in determinate circostanze, può essere in grado di produrre un danno.

Tuttavia, allorché venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di “un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato”, deve escludersi che il danno sia stato causato dalla cosa, ridotta a rango di “mera occasione dell’evento”, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito (cfr., ex multis, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 22 giugno 2016 n. 12895).

Pertanto, in tema di responsabilità per danni da cose in custodia, “qualora il danno non derivi da un dinamismo interno della "res", in relazione alla sua struttura o funzionamento, ma presupponga un intervento umano che si unisca al modo d'essere della cosa inerte, il danneggiato può provare il nesso causale tra evento dannoso e bene in custodia unicamente dimostrando l'obiettiva situazione di pericolosità dello stato dei luoghi, tale da rendere probabile, se non inevitabile, il danno stesso” (cfr., ex multis, Cassazione civile, Sez. VI, sentenza 20 ottobre 2015 n. 21212).

Questo principio di diritto ha trovato nuova conferma nell’ordinanza n. 4638/17, emessa dalla VI Sezione civile della Corte di Cassazione.

Nel caso di specie un signore aveva citato in giudizio un Comune chiedendo il risarcimento dei danni patiti in conseguenza della caduta dalla bicicletta dovuta ad un tombino ed alle gravi sconnessioni del manto stradale.

Il Tribunale aveva rigettato la sua domanda, come pure la Corte di Appello successivamente adita.

Il danneggiato aveva quindi proposto ricorso per Cassazione.

In particolare, l’uomo censurava innanzitutto la violazione del principio per cui l’eccezione di cui all’art. 1227, comma secondo c.c. (che prevede che il risarcimento non sia dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza) non è rilevabile d’ufficio, ma va sollevata e provata dalla parte (cosa che non era avvenuta nel corso del giudizio).

Inoltre, lamentava il fatto che la Corte di merito gli avesse attribuito l’intera responsabilità dell’accaduto.

I Giudici di Piazza Cavour, rigettando la prima censura, hanno ricordato come, per costante giurisprudenza, “in tema di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c. l’allegazione del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, idonea ad integrare l’esimente del caso fortuito, costituisce una mera difesa, che deve essere esaminata e verificata anche d’ufficio dal giudice, attraverso le opportune indagini sull’eventuale incidenza causale del fatto del terzo o del comportamento colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, (sentenza 30 settembre 2014, n. 20619), per cui nessuna violazione sussiste delle regole dell’onere della prova”.

La Corte ha poi esaminato le conclusioni cui era pervenuto il Giudice di secondo grado, il quale aveva ritenuto l’esclusiva responsabilità del danneggiato alla luce di una serie di elementi tra i quali: il fatto che egli abitasse nella strada ove era accaduto il sinistro, che questa fosse interessata da lavori di rifacimento ben visibili e che il sinistro fosse avvenuto a mezzogiorno, ora di massima luminosità.

A fronte di tali risultanze, i Giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso, ritenendo che la Corte territoriale avesse fatto corretta applicazione dei principi di diritto in tema di responsabilità per danni da cose in custodia, in quanto “più la situazione di pericolo connessa alla struttura o alle pertinenze della strada pubblica è suscettibile di essere prevista e superata dall’utente-danneggiato con l’adozione di normali cautele, tanto più rilevante deve considerarsi l’efficienza del comportamento imprudente del medesimo nella produzione del danno, fino a rendere possibile che il suo contegno interrompa il nesso eziologico tra la condotta omissiva dell’ente proprietario della strada e l’evento dannoso” (in senso conforme, vedi anche Cassazione civile, Sez. VI , sentenza 30 marzo 2015 n. 6425; Cassazione civile, Sez. VI, sentenza 11 maggio 2017 n. 11753).

Nel caso di specie, quindi, l’incidente era stato correttamente ascritto alla esclusiva responsabilità del danneggiato che, con il suo comportamento, aveva integrato gli estremi del caso fortuito ed interrotto il nesso causale tra l’evento dannoso e la cosa in custodia.

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